Colloquio con Vito Bongiorno

di Luca Ferracane

Il nero è un colore verso il quale ho sempre provato attrazione. Fin dalla prima elementare ho prediletto la penna nera a quella blu, scoprendo poi in fretta quel piacere ormai quasi perduto dello scrivere lettere su carta con inchiostro di china. Nella tua opera il nero predomina, fosse solo pigmento, cenere, carbone. Tralasciando per un attimo il messaggio che i tuoi lavori incarnano, la denuncia a una società sempre più alienata dal pianeta in cui vive e che genera prevalentemente distruzione e squilibrio, trovo molto interessante soffermarmi su ciò che questo elemento, negazione del colore, simboleggia di per sé. Il nero è forse il primo contrasto che esiste, l’infinito universo, il nulla in cui fluttua ogni cosa, contrapponendosi a quella luce grazie alla quale la realtà si mostra ai nostri occhi. Il buio rivela ciò che la luce mostra, ha scritto Paolo Mauri. E la tua ricerca, da quel che vedo, trae forza da questa contrapposizione. E se il buio, che dal nero è da sempre rappresentato, non fosse solo oscurità? 

Sai, questo nero, questo carbone, è un elemento di risulta. Cos’era prima di diventare tale? Una pianta, un albero, materia pulsante, vita. Quel che resta dopo la combustione, il carbone amorfo, grezzo, inerme, possiede tuttavia un’energia incredibile, racconta una storia. E può simboleggiare, col suo nero brillante, che si sgretola in cenere, una rinascita, la vita stessa. Non è forse dalle ceneri che l’Araba Fenice rinasce ogni volta? La cenere che origina dal carbone è essa stessa substrato fertile per un nuovo inizio, in cui si installa il germe della rigenerazione. È vero, dunque, che questo nero non è soltanto oscurità, distruzione, ma fa parte di un ciclo naturale che sempre ritorna. Attraverso le mie opere rappresento questo “cambiamento” di stato, di chimica, tipico della materia tutta, organica e inorganica, denunciando quelle metamorfosi ad opera dell’uomo di cui spesso faremmo tutti a meno. L’arte non può che essere denuncia per me, in un contesto storico come quello in cui siamo discesi oggi. Il degrado che viviamo è frutto di scelte scellerate e modi di vivere di cui tutti siamo più o meno complici. L’essere umano, del resto, sceglie sovente la strada più breve e facile non pensando alle conseguenze, o meglio, allontanandole da sé, accumulando sulla propria coscienza un grosso bagaglio di responsabilità. Quel carbone nero, così leggero e affascinante è forse necessario per comprendere la fragilità del nostro mondo, dominato dall’egoismo e dall’indifferenza. L’arte può e deve essere un granello, una goccia nell’oceano che permetta di dilatare lo sguardo su noi stessi, sul nostro agire. Del resto, l’arte è tutto quel che ci circonda, la mia ricerca un percorso incerto e in salita, come quello di ogni uomo, dal momento in cui nasce a quello in cui conclude il proprio cammino sulla Terra. E di morte non ce n’è una soltanto. Come il carbone, bisogna bruciare, morire per poter poi rivivere, ricominciare. 

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